I.P.R. Pisa - La Scuola

La Storia della Teoria Sistemico Relazionale

La psicoterapia sistemico-relazionale della famiglia prese origine prevalentemente in America, come approccio originale ed innovativo, negli anni ’50. Lo sviluppo del movimento di terapia familiare ha un’origine separata tra gli studiosi della east coast e quelli della costa pacifica degli Stati Uniti. I primi, di formazione analitica, modificarono una parte dei loro assunti, i secondi, partiti da ricerche scientifiche facevano riferimento ad un modello cibernetico, il riferimento era anche alla Teoria Generale dei Sistemi, così come fu formulata da Von Bertalanffy (1968,1971). Agganciati alle teorie della comunicazione, questi studi forniranno il substrato teorico ed epistemologico che permetterà di collegare queste teorie alla pratica clinica. Anche se sussistevano le teorie che designavano la famiglia come responsabile dei disagi mentali dei figli, i genitori trovarono uno spazio sempre maggiore nel trattamento dei problemi psicologici del bambino . E’ di questi anni la produzione scientifica di Gregory Bateson (Antropologo). Sul finire del 1952 Bateson reclutò un gruppo di importanti collaboratori quali John Weakland, Jay Haley, William Fry.Il gruppo iniziò le sue ricerche sul comportamento comunicativo del soggetto schizofrenico e le ricerche approdarono ad un articolo pubblicato nel 1956, intitolato “Toward a Theory of Schizophrenia". Successivamente a Fry subentrò Don D. Jackson. Costituitosi il MRI (Mental Research Institute), nel 1961 fu di grande rilevanza fu l’arrivo di Paul Watzlawick. L’attività del MRI si spostò nettamente verso lo studio clinico delle famiglie, il significato patogeno delle comunicazioni distorte, la possibilità di intervenire con la psicoterapia. Da Watzlawick, Jackson e Beavin emerse il famoso "Pragmatica della comunicazione umana", pubblicato nel 1967, che consacrò e diffuse nel mondo la prima teorizzazione completa dell’approccio sistemico.
Intanto nella East Coast degli Stati Uniti si assistè a un diverso percorso culturale. Qui i teorici partivano da una formazione e una tradizione di tipo analitico, che rielaborarono alla luce di una visione congiunta della famiglia. Essi valorizzavano molto l'emotività del terapeuta, l’istinto e la creatività. Tra questi N. Ac­kerman, Framo J.L., Bowen M., Boszormenyi-Nagy I., che introdussero anche il livello intergenerazionale.
Dalle due matrici emergeranno e si diffonderanno le più importanti scuole di psicoterapia familiare. In Italia la psicologia relazionale apparve verso la fine degli anni 60, quando Mara Selvini Palazzoli aprì il suo centro milanese. Assieme a Boscolo, Cecchin e Prata, riprese l’idea batesoniana che la men­te, o le menti, di un sistema si coordinano attor­no a catene di significati che, connessi tra lo­ro, diventano struttura portante del sistema mentale stesso. Ecco che il costruire “mappe”, descrizioni, ipotesi intese come preposizioni che collega­no tra loro altre preposizioni descrittive, viene ad essere considerata l’attività fondamentale di un terapeuta. L’ipotesi, in quanto struttura cognitiva che connette fatti e significati, diviene la forma di base del siste­ma terapeutico e l’ipotizzare diviene l’intervento per eccellenza. A Roma, Luigi Cancrini si occupò delle componenti familiari (e sociali) connesse al comportamento di giovani adolescenti tossicodipendenti. Il suo gruppo di ricerca clinica pubblicò nel 1974 su un numero monografico della Rivista di psichiatria una prima rassegna della nuova epistemologia (Malagoli Togliatti M. e Coll. 1974). Nello stesso periodo Maurizio Andolfi, dopo una intensa esperienza americana, aprì la sua scuola a Roma. Con il diffondersi della pratica clinica si attraversò una fase in cui il terapeuta appariva come una sorta di mago, o di prestigiatore, capace di condurre abilmente una famiglia verso il cambiamento delle sue regole e del suo funzionamento e di conseguenza alla salute e al superamento di ogni problema.

Radici culturali dell'I.P.R.

L’impostazione culturale e teorico-clinica dell’Istituto di Psicoterapia Relazionale si è evoluta insieme alla storia del movimento di terapia familiare. All’inizio ci si riferiva ai modelli classici, con particolare richiamo a studiosi come G. Bateson, J. Haley, P. Watzlawick, S. Minuchin, M. Bowen, C. Whitaker, Virginia Satir, ma ebbero su di noi influenza anche i contributi italiani di L. Cancrini e M. Selvini Palazzoli. Abbiamo vissuto i successivi sviluppi che hanno segnato il cammino della psicologia relazionale: durante gli anni ’80, attraverso l’approccio evolutivo. Il passaggio dalla prima cibernetica alla cibernetica di secondo ordine ha permesso di riconoscere la relazione tra sistema osservatore e sistema osservato. Poi la cibernetica di secondo ordine, il problema della complessità. Ci si è andati orientando verso una famiglia intesa come sistema emozionale centrato sulla tensione tra coesione e differenziazione. Una evoluzione importante ha portato alle figure significative del passato e ai segnali di coinvolgimenti emotivi di tipo pluri o trigenerazionale. Alla ricerca sulla clinica si è aggiunta quella sulla relazione famiglia-terapeuta e quindi la riflessione sui pregiudizi e le emozioni del terapeuta stesso.
Nelle nostre ultime espressioni, col modello consenziente di Bogliolo C., il terapeuta abbandona ogni tensione direttiva (tipica della prima relazionale) e si accosta alla concezione costruttivista. E’ infatti chiamato a costruire, o meglio a co-costruire, con la famiglia una storia, da intendere come un cammino verso una mutata visione della realtà.
In sostanza una ricerca, insieme, di significati diversi degli eventi, dei comportamenti, delle relazioni. Ci si attende un processo trasformativo dove il terapeuta, pur mantenendo la sua posizione responsabile del percorso psicoterapeutico, non può prescindere da un lavoro su se stesso, sulle proprie emozioni, e sulle connessioni con la propria famiglia attuale e quella di origine. In definitiva, attraverso una congiunzione profonda col sistema, il terapeuta avvia un viaggio con la famiglia verso il cambiamento e la trasformazione.

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Bibliografia